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Gli interni del castello ai tempi di Corrado Arezzo

Ultima modifica 10 marzo 2018

Con l'avvicendarsi degli eredi e le più recenti vicende di degrado, furti e restauri il castello ha mutato nel tempo la sua facies. 
Ma, se per le fasi costruttive si è cercato attraverso varie fonti di delinearne quanto meno le tracce principali di sviluppo, per gli interni grazie a documenti si è potuto risalire con certezza alla configurazione ultima del castello negli anni novanta dell'Ottocento, prima quindi che Ignazia, sorella di Corrado, duchessa di Albafiorita, la nipote Clementina e soprattutto il marito di quest'ultima il francese Lestrade, cui sono stati attribuiti diversi interventi nell'edificio e nel parco, intervenissero con ulteriori trasformazioni.

Seguendo una descrizione tardo ottocentesca si può passeggiare virtualmente per le stanze del castello, scoprendone man mano l'arredamento originario, la destinazione d'uso degli ambienti e la scelta dei colori. 
Il nostro percorso prende l'avvio da quella che viene denominata la "Gran Sala", oggi più nota come Sala degli Stemmi, che in origine risulta essere stata arredata con semplici sofà dall'ossatura in noce e imbottitura in "cretonne", sei "portali" o meglio zineffe con tende della stessa stoffa dei sofà, due sottospecchi in legno dipinto nero abbinati a due candelabri di ferro, un orologio decorato con puttini, e, inoltre, due statue di gesso su piedistallo, due armature, tre vasi di alabastro, quattro trofei sovrapporta e due colonnette in pietra pece sormontate da vasi di creta in stile etrusco con figure a rilievo. 
Questa sala ha assunto l'appellativo attuale perchè le pareti sono state interamente decorate con gli emblemi della nobiltà siciliana. Tra le carte private degli eredi si trova una lettera, indirizzata a Clementina e datata 1915, a firma di un certo Gargallo che dichiara di pregiarsi dell'onore che "una mano gentile" ritragga sulle pareti di Donnafugata le insigne della sua famiglia. Questa lettera e la relativa data fondano il sospetto che la scelta di questo apparato decorativo possa attribuirsi ai coniugi Lestrade piuttosto che a Corrado, anche se, data la complessità e la minuzia dell'opera, non si può parimenti escludere che l'esecuzione si sia protratta a lungo nel tempo e quindi sia stata solamente completata dagli eredi.

Proseguendo il percorso sulla sinistra della suddetta sala si incontra la stanza allora denominata "Pischia!" forse per il colore delle pareti, posta dirimpetto alla sala da pranzo e con una finestra "sporgente nella villa". L'arredamento si presentava sontuoso ed elegante. Nonostante l'uso dell'oro per i "sottospecchi" e per l'ossatura delle sedie dei divani, è da notare l'abbinamento a stoffe semplici come la tela bianca che smorzava lo scintillio dell'oro senza enfatizzarlo con l'uso di colori accesi, ottenendo quindi un effetto complessivamente sobrio. Con il termine "sottospecchio" si intendevano le consoles, cioè i tavoli da parete molto diffusi sotto Luigi XVI, di cui a Donnafugata si trovano vari esempi. Il ripiano del sottospecchio era adornato da una campana di vetro con all'interno uccelli imbalsamati, affiancata da statuette di gesso. Cornici dorate erano usate anche alle pareti per le "oleografie".

Alla stanza successiva si passava varcando una delle due porte e specchio della precedente. Anche questa stanza era orientata verso la villa e vi si apriva con una finestra. Dall'arredamento deduciamo che era utilizzata come camera da letto, per la presenza di un capezzale in albicocco con ripiano in marmo, un "armaire" anch'esso in ciliegio, un letto, un tavolo tondo intarsiato, un gruppo di ritratti a ventaglio, una ciocca di capelli incorniciata, una toletta di mogano intarsiato a diverse sedie e un sofà sempre tappezzati con una tela bianca. La camera dotata di retrostanza attiguo con funzione bagno, quindi lavabo in mogano e marmo, boccale e bacile come allora in uso.

 

Segue la stanza denominata "della Torre" anche questa destinata a camera da letto con retrocamera. Si tratta dell'attuale camera circolare celeste, la cui costruzione è stata tradizionalmente attribuita al Le strade, ma che era certamente già esistente alla data della morte di Corrado. Tra pezzi che costituiscono l'arredamento di questa camera vanno annotati un etagère di palissandro, un tavolo in mogano, un tavolino in noce e una "sedia - poltrona in pelle nera". Tra le curiosità: due campane di vetro con "pesciere" e una miniatura giocattolo di armoire.

Segue la stanza qui denominata "Pompeiana" per le raffigurazioni classiche della volta, che "prende lume da una finestra e più un balcone sporgenti nella grande terrazza, e più un'altra finestra che dà nella villa", dotata di letto di rame, capezzale in palissandro, scrivania in mogano a due ali e una poltrona tappezzata in cretonne.

Le stanze di seguito descritte erano adibite a camere da letto. L'ambiente immediatamente attiguo era chiamato "saletta con parato a bosco", vengono menzionate poi la "stanza a parato celeste", la "stanza bianca", ed un servizio destinato alle stiratrici. Per lo più le camere erano dotate di un retrostanza ad uso di bagno. L'insieme di stanze appena descritto costituisce "l'appartamento della contessa", che occupa il nucleo edilizio posto nell'angolo nord-ovest del quadrilatero. Da una scaletta interna è possibile accedere a quello che era chiamato "quarto superiore della pischia", costituito da una sequenza di stanze tutte destinate a camere da letto. 

Ritornati nella "Gran Sala", il nostro percorso riprende l'avvio dalla cosiddetta "Sala del Lucernaio", anch'essa arredata con mobili prevalentemente in stile Luigi XVI in legno laccato bianco con decori in oro a ghirlande, sedie e poltrone in tela bianca.

La stanza seguente era denominata "Salone del Pianoforte" o Stanza della Musica, era dotata di sedie, sofà circolari, poltrone e tendaggi tutti in seta bianca, un pianoforte verticale in legno verniciato nero con relativa sediolina di Vienna e vasi di creta, candelabri di cristallo e un cane di terracotta. Da una retrostanza di questa sala attraverso una piccola scala interna si saliva al cosiddetto "piano della torre vecchia" più nota come Torre di Bianca dove secondo la leggenda sarebbe stata segregata dopo il rapimento la regina Bianca di Navarra.

Ritornati al piano nobile, si accede alla "cameretta con alcovia" dove prevalgono nuovamente tessuti semplici come il cretonne e la juta; passando nuovamente per il salone si giunge alla "camera delle rose" dotata di retrostanza. Poi attraversando un piccolo corridoio, da dove è possibile imboccare una scaletta che conduce alle quattro camere soprastanti questo " quarto", si arriva alla "camera di Don Corrado" con vista sul parco. Le stanze attigue, tra le quali anche una denominata "calapasi", una "la ricamata" e ancora una "camera a dormire in inverno", erano per lo più camere da letto e salottini per ricevimento privato e costituivano l'appartamento cosiddetto "della Principessa", ovvero della figlia di Corrado Maria Concetta e del marito Principe di Castellaci. Tra le curiosità presenti nelle suddette stanze si nota un orologio con statuina che riproduceva l'effige di Cavour. 
In questo angolo a nord-est del castello un muro-paravento ostruisce la vista del parco e una torre quadrata più tarda chiude e contrafforta l'angolo di incontro tra i due muri liberi che completano il perimetro del quadrilatero esterno entro cui sono state inglobate e nascoste le dissimmetrie dei diversi nuclei edilizi del castello.

Di seguito sono descritte le camere che costituivano "l'appartamento della Duchessa di Albafiorita" Ignazia, ovvero la sorella vedova che Corrado, rimasto vedovo a sua volta, aveva chiamato ad accudire le nipotine orfane Concettina e Clementina.

  

A questo punto documentazione di cui disponiamo si passa a descrivere la grande terrazza e subito la Sala del Bigliardo, che si trova in prossimità dell'angolo opposto, quindi a sud-ovest. Da questo dettaglio deduciamo che allora la sequenza di stanze poste sul fronte meridionale, che oggi collega i due opposti nuclei edilizi, non esisteva. E quindi che l'intervento di chiusura del fronte alla prima elevazione e l'apertura della loggia a nove archi alla seconda elevazione, in sostituzione del grande vuoto che in origine era determinato dalla trifora a doppia altezza, è certamente successivo al 1896. 
Dalla suddetta stanza nel documento chiamata "sala del trucco a tavolo bigliardo", si passa al "salotto rosso" oggi considerato parte del cosiddetto Appartamento del Vescovo, ma che allora doveva essere destinato anch'esso al gioco, data la presenza di numerosi tavolini da gioco in palissandro intarsiato. E rivestiti in juta come le tende, arricchite anche da velo bianco. 
L'arredamento era particolarmente ricco. Tra gli altri oggetti vanno menzionati due candelabri di bronzodorato a sette bracci, un orologio da tavolo, vasi di maiolica, un cane di terracotta, gruppi di oggetti di Caltagirone e un lampadario di cristallo. 
La stanza successiva è il salone degli Specchi, i cui arredi si sono mantenuti integri sino ai nostri giorni se non fosse per la mancanza degli oggetti di complemento, con i "capricci" in oro e veli bianchi alle finestre, intonati ai sofà con ossatura in oro e stoffa "burette". 
Di seguito viene descritta la cosiddetta "stanza del padiglione" dove si trovano tra gli arredi anche due pianoforti e un tavolo da gioco. Seguono la Sala dei Fumatori, allora nota come "sala dei pavoni" per i decori della volta, caratterizzata da quattro tavolini da fumo, poltrone per fumatori e una serie di oggetti curiosi oggi probabilmente non più esistenti, e il Salotto delle Donne o "stanza del camino" arredata con etagère, tavolino, giardiniere e specchiera Boulle. 
La "stanza da pranzo" o antibiblioteca, posta sulla destra della Sala degli Stemmi, era arredata con una credenza-etagère in mogano con ripiano in marmo, sottospecchi degli stessi materiali, due credenze in noce e un tavolo da pranzo sempre in noce e dotato di ben venti "sedie Vienna". 
La descrizione si interrompe qui senza fare alcun cenno alla biblioteca, peraltro impropriamente posizionata di seguito alla stanza da pranzo. Ma un passetto che separa le due sale ci svela le ragioni del mistero. L'infisso interno posto alla soglia della biblioteca in realtà nasconde un arco a sesto acuto del tutto simile a quelli delle finestre esterne e considerando che ci troviamo nell'angolo vuoto del quadrilatero e questo ambiente sembra esserne un'appendice, è facile dedurre che venne costruito più tardi probabilmente dal Le strade. Questo spiega anche il cambiamento subito dall'arredamento della sala adiacente dalla quale sono stati sottratti i mobili più esplicitamente legati alla destinazione a stanza da pranzo, dandovi quasi l'aspetto di una sala lettura. 
Il castello, considerato nel complesso delle scelte decorative, delle pitture murali, delle tappezzerie e degli arredi, si innesta con consapevolezza nella lunga tradizione delle residenze reali o principesche extraurbane. 
Varietà, originalità e ricchezza dei mobili si combinano comunque a tessuti volutamente semplici come la juta e il cretonne ben intonati ad una residenza che per quanto sontuosa era pur sempre di campagna. Il tutto immerso in un bric-à-brac di oggetti curiosi e anticaglie che forniscono un esempio di gusto in linea con le più attuali mode del tempo.

   

Basti sfogliare i quotidiani dell'epoca o i cataloghi delle Esposizioni, di cui Corrado era peraltro appassionatocollezionista (in una lettera prega accoratamente la nipote Clementina perchè non dimentichi di portargli il catalogo dell'Esposizione di Parigi), per ritrovare puntualmente le "curiosità" che arricchiscono le sale di Donnafugata. Composizioni di fiori o animali imbalsamati sotto campane di vetro, lampade a petrolio, copie in gesso di sculture classiche, ceramiche "archeologiche", ampolle e teche di vetro, armature e strumenti musicali li ritroviamo affastellarsi nei padiglioni delle esposizioni di arti decorative e di artigianato del tempo.

Lo stile prevalentemente negli arredi di Donnafugata è il Luigi Filippo che mirava a combinare stili del passato a moderne fatture, in una mescolanza di autentico e falso, di comodità e ostentazione che in genere contribuì a creare ambienti caratterizzati da sovrabbondanza, artificio ed esotismo. 
Nel nostro caso ognuno di questi caratteri si trova a connotare gli ambienti in base alle diverse destinazioni d'uso. Così, ad esempio, nel Salone degli Specchi, estremamente rappresentativo, troviamo un trionfo di ori e lacche chiare di gusto neoclassico; nell'Appartamento del Vescovo prevalgono i mobili Boulle, preziosi e sontuosi; nel salone dei Fumatori si apprezza l'inserimento di mobili e oggetti pertinenti all'uso e di gusto vagamente orientale; nella Sala del Bigliardo, infine, ambiente che incarnava l'otium e l'evasione, trionfa l'esotismo nell'apparato decorativo delle pareti che illude il visitatore di trovarsi in un elegante padiglione da sceicco i cui preziosi drappi svolazzano contro il cielo e, sollevandosi lateralmente, lasciano ammirare scorci di città immaginarie, vagheggiamenti letterari.

Per motivi di opportunità non sono state riportate per intero in questa sede le descrizioni dei documenti, peraltro molto dettagliate. Ma sarebbe interessante avvalersene per rintracciare tra gli arredi superstiti oltre ai mobili originali anche l'oggettistica per ricollocarli nella loro originaria posizione nelle stanze, ricreandone l'ambientazione ora elegante, ora intima, ora da caotico bazar. Senza dimenticare che probabilmente molti dei materiali e dei tessuti vistosamente impegnativi arrivati sino a noi sono frutto di scelte e interventi successivi alla morte di Corrado.

 

Milena Gentile